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MORGAN LASCIA AMICI E LA SCOMPARSA DELLA «FIERA IDIOZIA»

illustrazione di Matteo Sarlo
parole di Riccardo Ponis

 

Morgan ha abbandonato Amici. Il problema additato da Marco Castoldi sarebbe una «cattiva amministrazione» da parte di Maria De Filippi. Eppure il leader dei Bluvertigo non è nuovo a uscite di questo tipo e molte sono state le frizioni con il format televisivo: prima X-Factor, poi Sanremo e ora Amici. È forse l’ennesima dimostrazione di quanto inconciliabile possa essere il mondo della musica pop per quei personaggi che hanno trovato nel rock la chiave interpretativa del loro sviluppo artistico? Può darsi ma è bene chiarire un punto. Nonostante il rock sia ormai stato metabolizzato ampiamente dal largo pubblico, ha rappresentato per intere generazioni una vera e propria filosofia di vita, una praxis, basata sostanzialmente su una sfacciata e personale tendenza a mantenere un rapporto di estrema sincerità con se stessi. Questa sincerità però non è qualcosa di cristallizzato. E nel corso della storia di questo genere musicale si è spesso incrinata ogni qual volta un artista si è adeguato alle leggi del mercato. È certamente vero che rockstar del calibro di David Bowie, Lou Reed o Iggy Pop sono diventate miliardarie grazie al rock. Ma lo è altrettanto che, nell’epoca in cui questi personaggi raggiunsero il culmine del successo, loro stessi erano la “sincera merce” da vendere.

La ricerca della felicità

Il “caso Morgan” è invece un po’ diverso. All’interno di un talent show, egli diventa immediatamente un personaggio che deve adattarsi a quelle regole per la creazione di “prodotti commerciali”. Ed è proprio sulle sue considerazioni riguardanti la creazione di tali “prodotti”, riferendosi ai partecipanti di Amici, che Morgan scontra i suoi ideali rock con la meccanicità capitalista. Sia ben inteso che, i vincitori dei talent, possono spesso essere anche di qualità tecniche elevate, ma non potranno mai avere quelle caratteristiche essenziali del rock che ha formato un personaggio come Morgan. Cosa spinge allora un rocker a partecipare ad un talent show? I soldi, di certo – lo ha  messo nero su bianco in una intervista comparsa su Vanity Fair. Ma ha aggiunto anche: «perchè [Amici] parla di musica». Unendo le due risposte potremmo sintetizzare allora così: un rocker si infila nell’imbuto del Talent Show per una sua personale propensione verso la felicità: nello specifico un ottimo compenso misto con la gratificazione dell’insegnamento alle future generazioni.

Siamo ottimisti: di certo gli esseri umani tendono sempre nel loro agire verso la personale conquista della felicità. Se l’essere umano fosse nato felice e soddisfatto gli sarebbe stato fornito un “libretto d’istruzioni” per vivere bene e la vita di ogni individuo sarebbe identica a quella di un altro. La volontà del capitalismo è allora quella di uniformare gli esseri umani fornendoli di questo “libretto d’istruzioni”, quel qualcosa che Morgan non ha voluto accettare sbattendo il portone di Amici alle sue spalle. Follia? No, forse semplicemente rock. Ma come è iniziata questa controintuitva necessità di opposizione?

Gli inizi

Le origini del rock sono legate al massiccio processo di massificazione che si è intensificato nel dopoguerra, quando molte nazioni del mondo erano ridotte in macerie e la tendenza verso un futuro migliore era l’obiettivo principale di ogni individuo. Si è così iniziato a considerare necessario un buon lavoro, una casa, un mezzo di locomozione e tutte quelle cose che alla lunga avrebbero posseduto chi le possedeva. Dagli albori di questo processo fino ad oggi numerose fasi transitorie hanno mutato le strategie capitaliste inizialmente prestabilite. Fino a gli stessi talent show, evidente cambio di rotta dettato dalla volontà di creare un pubblico prima ancora che la “merce” (il vincitore) sia pronta.

Chi era presente durante la seconda guerra mondiale fu ben felice al suo termine di poter finalmente trascorrere una vita in armonia con la propria famiglia, lavorando nella propria bottega e apprezzando le piccole meraviglie quotidiane, come il capitalismo voleva. Contemporaneamente però, alcuni figli di quelle famiglie si sentivano repressi dallo stile di vita imposto dai propri genitori e percepivano il disagio e la noia nell’ipotetico futuro che li attendeva. Un giorno uno di questi ragazzi sente alla radio una musica seducente, qualcosa di semplice che ti entra dalle orecchie e coinvolge tutto il corpo. Quel giorno la vita di questo ragazzo «fu salvata dal rock». Quel ragazzo si chiamava Lou Reed. E ammette che «se quel giorno non avessi ascoltato del rock and roll alla radio non avrei mai immaginato che ci fosse vita su questo pianeta». Poi ci ha scritto un pezzo, su una ragazza di nome Jenny, narrando della sua storia e della sua epifania musicale. Il pezzo, senza troppi fronzoli, si chiama Rock & Roll.

Morgan tutto questo lo sa: per motivi anagrafici non c’era nel 1954 quando le radio americane trasmisero per la prima volta il Rhythm and Blues “fregato” da Elvis ai “neri” e ribattezzato Rock and Roll ma sa che da quel giorno quella musica, in tutte le sue sfaccettature, ha contribuito a cambiare in bene e in male l’intera società occidentale. Basti pensare all’emancipazione della donna, alla libertà dei costumi e dell’orientamento sessuale, le battaglie per la pace e per la distruzione dei valori borghesi: sono tutte lotte che hanno visto il rock come il principale mezzo per manifestarsi.

Il genere della fiera idiozia

Tralasciando totalmente l’aspetto sonoro (che in questo genere può essere considerato paradossalmente un fattore secondario), c’è da riconoscere che la vera caratteristica portante del rock sia l’attitudine. Da Elvis a Burzum il rock è il genere della «fiera idiozia»: una totale presa di coscienza del fatto che si stia suonando un qualcosa di intimamente diverso dalla musica convenzionale soltanto perché c’è “urgenza” di farlo. I ragazzi americani negli anni cinquanta avevano l’urgenza di ribellarsi allo stile di vita che gli si voleva imporre; i ragazzi di oggi hanno l’urgenza di diventare famosi e non c’è nessuno, men che mai Morgan, che tenti di sviarli da questo sterile intento.

È cosa nota, quando il rock iniziò a diffondersi, i genitori si preoccuparono seriamente per i loro figli e lo definirono la “musica del demonio”; qualche appassionato affermò saggiamente che “Il rock è tutta quella musica che non piace a tua madre”. Per fare e ascoltare questa musica bisognava essere degli emarginati, ma con una clausola precisa. Dovevi essere fiero di esserlo.

Morgan è stato emarginato da Amici, e forse dovrebbe essere fiero di esserlo. Perché il rocker o è un reietto o non è un rocker. Morgan, Piero Pelù, Manuel Agnelli si sono ritrovati a partecipare a trasmissioni televisive in cui, per quanto sembri paradossale, la “fiera idiozia” è totalmente ingnorata. Al suo posto la professionale, trasparente, bilanciata “formazione” di mestieranti così commercialmente perfetti da non scontentare nessuno. Di certo, non il pubblico che nasce prima ancora dell’artista. Sia detto; artista, forse, mai però un rocker.


Riccardo Ponis è cantate e compositore della band Metibla. Ha diretto videoclip per band indipendenti e scritto saggi sulla storia del cinema. Ha curato numerose rassegne di cinema indipendente ed è stato docente di Master nell’ambito dell’editoria. Da qualche anno si dedica alla sceneggiatura cinematografica.

Matteo:
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