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14/04/2020|L'ANALISI

 

 

Da quando i professori sono diventati così importanti?

Da Breaking Bad a
La casa di carta

 

illustrazione e parole
di Matteo Sarlo

Stando al Tommaseo-Bellini, il più accurato dizionario della lingua italiana, professore è colui che trasmette una esperienza di fede: Così S. Francesco elesse al principio del fondamento dell’Ordine dodici compagni, professori di altissima povertà. Successivamente professore diventa colui che conosce a fondo un’arte e vi può sentenziare.  Soltanto in un terzo significato, e quindi in un apparente allontanamento dal senso originario, professore è «colui che insegna qualche scienza o arte in un pubblico studio».

Tre significati. Ma quale il senso. O per dirla in termini più immediati: chi è allora il professore?
1. Un uomo che professa il contenuto di una esperienza profonda; 2. un uomo che sa molto di una certa scienza e ne disserta; 3. oppure qualcuno che diffonde i cardini di quella scienza ad un pubblico più o meno ampio?

Rovesciando allora il noto titolo di Max Weber che vuole la scienza/conoscenza come professione (Wissenschaft als Beruf), il professore è esattamente quello che adotta come professione la propria scienza. Professa, disserta, diffonde. Sono tre movimenti dello stesso gesto. E insieme traccia la cerchia di una esclusività. Crea dei clan. O per dirla con il professor Keating di L’attimo fuggente, istituisce nel suo stesso atto di insegnamento una society

Ecco, la cerchia è la potenzialità narrativa più forte di una figura considerata spesso al margine dei fatti. Una figura sbeffeggiata perché poco concreta, persa in un mondo fatto di paragrafi e numeri di pagina, invece che di strade e di piazze. Un uomo lontano da quella categoria che i tedeschi chiamano Wirklichkeit, un ambiente-realtà che produce degli effetti: wirken sta per il nostro agire. Ecco l’accusa di certo senso comune condensato in modi di dire quali «chi non sa fare insegna e chi non sa insegnare insegna ginnastica». «Chi non sa fare», già. Non «chi non sa». Perché il difetto imputato è molto chiaro: il professore sarebbe qualcuno che, pur sapendo, non sa agire.

Un’accusa di cui di certo era stanco anche Walter White. E così, dopo aver ricevuto la diagnosi di cancro ai polmoni, decide di sfruttare la sua profondissima conoscenza della chimica, iniziare a spacciare la più pura metanfetamina che si possa trovare in circolazione, guadagnare la cifra necessaria per pagarsi le cure e lasciare qualcosa alla famiglia una volta che ne fosse andato.

Contatta Jess, un suo ex-studente, uno di quelli che alla scuola non ha mai creduto proprio perché espressione di un mondo privo di presa sulla realtà, tutto il contrario della vita insomma, regolata da norme che se trasgredite si pagano con un colpo in testa. Jess si è dedicato così a spaccio locale di metanfetamina. Ma le sue cognizioni dei legami profondi della materia sono basilari, la cura che mette nella confezione del suo prodotto è approssimativa, la concentrazione richiesta per affinarne la qualità è troppo scarsa. Il professore collaborerà con lui, producendo cristalli di prima qualità. Perché lui sa, e sa come diffondere il suo sapere.

È il 2008 e in cinque stagioni Breaking Bad diventerà la serie con il più alto gradimento di sempre insieme a I Soprano. Cosa ha funzionato così bene? Tante cose. Ma una su tutte, una cura particolare sui personaggi, sul loro cambiamento, sui loro rapporti. E tutti i personaggi – da Hank a Jess, da Skyler a Tuco – esistono perché entrano in dialettica con Walter White, il professore. Ognuno cambia, reagisce, si conforma, grida insieme e contro un personaggio che esce fuori dagli schemi, che sfrutta una competenza sopraffina, un sapere che è qualcosa di più di un lavoro per il quale viene retribuito in un liceo di superiori, una vocazione di cui professa, disserta, e diffonde in forma di MET blu. Walter White ha rifunzionalizzato quella parte interiore di sé e l’ha portata fuori.

Tutti fan di Walter. Non importa se quello che ha fatto è illegale (non è qui il caso di affrontare l’ipotesi di una giustizia fuori dalla legge, cosa che fa l’ultimo film che ha visto Robert Redford sugli schermi, per sua stessa dichiarazione, The old man and the gun). E di certo fan numero uno di Walter deve essere stato Sergio, il professore che ha deciso di organizzare il colpo alla zecca di stato prima e alla Banca di Spagna poi.

In soli tre anni La casa di carta è diventata la serie più diffusa al mondo in lingua spagnola. Cosa la rende tanto potabile per il largo pubblico? Anche qui, molte cose. C’è l’azione, ci sono relazioni sentimentali, c’è l’elemento anarchico contro le istituzioni. Ma il dispositivo che più fa fare cortocircuito alla narrazione è esattamente questo: tutto dipende dal professore. In una serie adrenalinica con pistole, lanciarazzi, giubbotti antiproiettile, cimici, agenti, il massimo della vita nella sua dimensione più fattuale tutto dipende da chi ne è fuori. Dall’unico personaggio che non si inserisce nella mischia. Che gestisce gli spostamenti e le operazioni. L’intelletto senza il quale il corpo non potrebbe muoversi. E per fare questo occorre; 1. sapere con precisione la propria scienza, 2. che questa scienza sia qualcosa di più di un compito, Beruf  è sia professione sia chiamata/vocazione 3. sapere come diffonderla.

Ancora una volta, il ribaltamento che crea forza gravitazionale per la storia si basa sul binomio pensiero/effetto reale. Il pensiero agisce sul mondo. Ma prima bisogna saper pensare. Un’operazione molto difficile, senza un buon maestro.

Grazie Sergio, grazie Walter, grazie professore.

 
 

Matteo Sarlo è nato a Roma nel 1989, dove vive e lavora come editor.
Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka, una riflessione sulla filosofia di Günther Anders interprete di Franz Kafka.

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