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Don’t Look Up: la verità non piace abbastanza
29/12/2021|L'EVENTO

Don’t Look Up: la verità non piace abbastanza

Don’t Look Up: la verità non piace abbastanza

illustrazione
e parole di Matteo Sarlo

Versione grado zero

Don’t Look up è una commedia sulla fine del mondo: In Michigan, Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence), una dottoranda del Dr.Mindy (Leonardo DiCaprio), ha scoperto una cometa che punta direttamente sulla terra. Ha un diametro stimato tra i sei e i nove chilometri, più grande di quella che ha prodotto l’estinzione dei dinosauri. L’impatto è previsto in poco più di sei mesi. 

C’è la Casa Bianca, ci sono i razzi per frantumare il nemico che viene dallo spazio, c’è il discorso alla nazione, ci sono i doomsayer che, grazie allo studio di decenni e alla loro conoscenza molto, molto specifica, riescono a prevedere e comunicare per tempo la condanna.
Allora Don’t Look up è un disaster Movie un po’ Armageddon un po’ Deep Impact

Versione Adam McKay: la verità è una farsa

Nessuno vuole ascoltare la verità. Né il presidente Orlean (Meryl Streep) troppo occupata con la campagna e che decide perciò di rimandare sotto consiglio del figlio Jason (Jonah Hill) capo del gabinetto,  – “sa quanti profeti della catastrofe si sono seduti qui davanti a me?”  – né gli Anchorman (Cate Blanchett e Tyler Perry) di Rip, il morning più diffuso in America il cui motto è “alleggerire” –“noi facciamo così, scarichiamo le notizie troppo serie”. Non serve nemmeno parlare con il giornale. Quando poi Dibiasky urlerà dritto dritto alla telecamera che non c’è nulla da scaricare e che la vita sulla terra finirà entro sei mesi, quello che accade è che finisce per diventare un meme: una specie di elfetto con i percing che “è davvero troppo brutta quando piange”, per dirla con le parole di Jason.

In un articolo del 26 maggio di qualche anno fa, Flavio De Bernardinis scriveva qui su Globus riportando le parole di Koyré: 

“Essa [la massa] crede a tutto ciò che le si dice, purché si lusinghino le sue passioni, i suoi odi, le sue paure. È dunque inutile cercare di restare al di qua dei limiti del verosimile: al contrario, più si mente senza ritegno, massicciamente e crudamente, più si sarà creduti e seguiti. È altrettanto inutile cercare di evitare la contraddizione, perché la massa non se ne accorgerà nemmeno”. […] “Inutile cercare di coordinare ciò che si dice agli uni con ciò che si dice agli altri, nessuno crederà in ciò che si dice agli altri, e ciascuno crederà soltanto a ciò che si dice a lui“.

Ed ecco quello che ci urla McKay, questa volta da dietro la telecamera: per quanto abbia studiato, analizzato, verificato con formule e confrontato i dati con la comunità scientifica, nessuno mi crederà ugualmente. Anzi, sarò persino aggredito. Ancora con le parole di De Bernardinis: «perché il populismo contemporaneo, causa la fine del pensiero, non vuole le cose in un certo modo, vuole le cose in un modo certo. E le cose in modo certo sono quelle del Potere della Comunicazione, con un tweet, che parla, o meglio cinguetta, a me, e a me soltanto

Il destino di Mindy (un uomo, appunto, tutto “mente” e a disagio con il proprio corpo) e Dibiasky. Vengono aggrediti, espulsi, estromessi dal terreno di gioco. Non c’è spazio, in questa nuova configurazione del reale, per chi dice le cose come stannoQuello che viene accettato sono le cose per come funzionano. Devono far ridere al momento giusto, piangere al momento giusto, suscitare rabbia al momento giusto. Perciò il presidente Orlean, una post-trumpista un po’ rifatta e totalmente ignorante, richiamerà il professore e la dottoranda soltanto quando servirà per recuperare punti dopo uno scandalo sessuale che la vede coinvolta. Perché soltanto allora la verità di Dibiasky e Mindy può diventare una notizia, può essere manipolabile, può funzionare all’interno del discorso (meglio sarebbe dire flash comunicativi) repubblicano. 

Ma come può funzionare all’interno di quel discorso? Ancora una volta, non per quello che significa ma per quello a cui mira (alzare l’audience): la cometa sarà facilmente frammentata grazie ai fondi e alla tecnologia di Mark Rylance, un miliardario della Silicon Valley primo finanziatore del partito. Non c’è niente da temere. Il drammatico non può trovare spazio nel mondo della comunicazione.

Non a caso Rylance ha una voce da bambino e si muove come i bambini, a partite cioè dal suo piano emotivo. La tecnologia che ha sviluppato permette la costruzione di cellulari in grado di accordarsi con gli stati d’animo del proprietario e tirarlo su quando occorre (l’imperativo ad essere sempre felici). Non più intelligenza artificiale ma intelligenza emotiva.

E così può formarsi un movimento di non-altoguardisti: la cometa è solo un modo che le elité hanno trovato per soggiogare il resto della popolazione. McKay non ha nemmeno bisogno di far menzione a quanto sta accadendo davvero. Le righe tra cui leggere sono fin troppo ampie. 

Versione Adam McKay: il Cinema è una Farsa

Questo sul piano narrativo. Ma c’è un altro punto su cui McKay lavora. Il film è un disaster Movie che disinnesca se stesso. 

Sequenza uno: Diabisky scopre la cometa, riunione di dottorandi e professore, calcoli alla lavagna e in fine scoperta: la rotta conduce alla terra e porterà alla distruzione del pianeta.
Sequenza due: telefonata, aereo per Washington, camera ovale. E fin qui siamo in perfetto stile Indipendence DayArmageddonDeep Impact etc..
Sequenza tre: il presidente non prende sul serio gli scienziati e li manda a casa. Loro non si arrendono e parlano ai media finendo però, vedi sopra, col diventare dei meme. 
Sequenza quattro: Dibiasky viene arrestata con l’accusa di aver diffuso segreti di stato, mentre Mindy sembra trovare un proprio spazio all’interno del parco giochi comunicativo, costruendosi una pagina con centinaia di migliaia di follower e intessendo una relazione con la Anchorman di Rip.
Sequenza cinque: la cometa arriva davvero e mentre i razzi di Rylance stanno partendo, in montaggio alternato McKay ci fa seguire Mindy e Dibiasky andare a fare la spesa al Market e cenare a casa tutti insieme (la moglie nel frattempo ha perdonato la scappatella del marito).
Sequenza sei: non c’è nessun eroe, e la cometa annienta la terra. 
Sequenza sette: il presidente, il miliardario del Tech, insieme a banchieri, lobbisti etc… salgono su una nave spaziale con celle criogeniche che li condurrà, 22.740 anni dopo, su un nuovo pianeta abitabile, finendo con l’essere sbranati da una specie animale autoctona dopo pochi minuti essere scesi.
Sequenza otto: l’unico superstite alla distruzione della terra è il capo del gabinetto che non troverà meglio da fare che un selfie come ultimo uomo del pianeta. 

Don’t look up è allora dunque quel che si dice una parodia: un film catostrofico per eccellenza (grande cast, grandi effetti speciali), che ricalca tutti i punti che fanno di un disaster Movie un disaster Movie, ma disinnescandoli uno ad uno. Perché?

Perché in questo nuovo, strambo mondo quello che puoi fare per raccontare la verità è far finta di star raccontando un’altra cosa. E chissà, magari qualcuno alzerà di nuovo gli occhi al cielo.

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