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Rocco Schiavone, o del mondo sommerso
29/03/2021|L'ANALISI

Rocco Schiavone, o del mondo sommerso

Rocco Schiavone; Globusmag; o del mondo sommerso, Marina

illustrazione di Simona Bramucci
parole di Matteo Sarlo

Così è finita anche la quarta stagione di Rocco Schiavone/Marco Giallini su Rai2/Raiplay. Una stagione di soli due episodi chiaramente pone la problematica sulla propria identità: una manciata di fogli rilegati con dentro una storia sono un racconto, più di cento fogli rilegati con dentro una storia sono un romanzo. E quindi?

Il fenomeno schiavone

Quindi poco importa, perché quello che conta è che Rocco è tornato – al diavolo la divisione in capitoli. E ne sembrano convinti anche i circa tre milioni di italiani che l’hanno seguito, con uno share tra il 10% e l’11% (per entrambe le puntate).

Come al solito i numeri evidenziano la natura del fenomeno, invitando poi le parole a spiegarlo. Dunque, il successo tratto dalla serie di Manzini è innegabile, così come innegabile è la sua qualità narrativo/cinematografica. Ma cosa rende Rocco Schiavone così differente rispetto al contesto in cui vive?

Attenzione al visivo

Già soltanto dalla patina dell’immagine fotografica (meno “aperta” la direbbe Ferretti) è evidente che non si tratti della classica serie rai stile Un medico in famiglia, Don Matteo e via dicendo. Eppure non è questo, non è soltanto una questione di “patina”, o di attenzione al visivo. C’è qualcosa di più.

Il romanzo

Di certo c’è una scelta ben precisa, una selezione ex ante che ha individuato il suo punto di partenza nei gialli targati Sellerio, permettendo alla serie televisiva di avere una costruzione dell’intreccio senza lacune, dove la macrotrama Roma/Baiocchi si amalgama senza forti rotture con la microtrama Aosta/casi particolari.

La legge contro la morale

La contraddizione legge/morale, che potremmo anche tradurre in struttura/coscienza, è uno dei motori della narrazione di Rocco. Molto forte per un prodotto Rai, la posizione di Rocco coincide quasi alla lettera con una risposta che Robert Redford diede in un’intervista a David Remnick del New Yorker.

Penso che abbia a che fare con la mia sensibilità e con il modo in cui sono cresciuto. Non ho mai infranto la legge ma non sono mai neanche stato costretto dalla legge. Ho sempre voluto stare un pizzico fuori dalla legge per ottenere quella libertà che non puoi avere se ci sta troppo dentro.

E così la pensa anche Schiavone, con Hegel. La libertà si dovrebbe esprimere in forme comunitarie, di socializzazione, arrivando alla nozione di spirito come riproduzione di significati storici attraverso la costruzione di forme sempre più complesse di comunità. Questo sulla carta, ma poi c’è la realtà. E Schiavone chiede: cosa fare se la legge comanda qualcosa di iniquo? Lo domanda, ma lo sa anche bene: tradire la legge per restare fedele alla morale.

Rocco si spende per tutti, dagli affetti più stretti (gli amici di Roma) a quelli più recenti (il bambino con la madre), a quelli soltanto superficiali (un vecchio che ha sbagliato letto, un medico incastrato per una questione di eredità). Non importa il tempo che infittisce il rapporto. Importa soltanto ciò che è giusto compiere. È guidato da una sorta di super-etica che lo avvicina, davvero tanto (forse troppo), al Gregory House del Plainsboro Hospital.

Il personaggio

Già, Rocco e Greg. Due uomini che si trovano a gestire il lavoro, la propria vita, i propri legami con una sorta di intensissima indolenza, una specie di accidia attivata da:

1. Gregory House, un sapere che supera il piano dell’affetto
2. Rocco Schiavone, un bene che supera il piano della norma.

Così come entrambi – sul piano della conoscenza l’uno e dell’agire concreto l’altro – si rifanno al grande padre Sherlock Holmes. Tutti e tre dotati di una super-intelligenza che ne giustifica le mancanze e li relega in una posizione marginale nella cerchia delle loro affettività.

Il Groundstate è per tutti e tre una forte misantropia che impone un’accurata selezione. Vivere senza compromessi, potremmo sintetizzare. Quindi vivere nel mondo come bambini (com’è noto è il mondo degli adulti ad introdurre il compromesso come figura del pensiero). Ma cosa fare quando arriva l’amore?

Marina, il segreto di Rocco Schiavone

Marina è l’amore della vita di Rocco. È stata uccisa a Roma. Stava mangiando un gelato. Nella vita precedente di Rocco, quando poteva godere del sole della capitale, indossare le Clark senza essere guardato come un imbecille e ripararsi dal ponentino semplicemente alzando i l bavero del Loden. Poi la pallottola le trafigge lo sterno. Rocco cercherà Luigi Baiocchi e gli pianterà una pallottola in mezzo agli occhi.

La storia inizia quando tutto questo è già accaduto e Rocco svolge il ruolo di vicequestore ad Aosta. Lì, proprio come un bambino, continua ad indossare le Clark ai piedi e ripararsi con il Loden. Sono due oggetti sfoderati, letteralmente senza protezione verso l’esterno. Ed è così che vive Rocco, senza filtri. Ad Aosta ha molte amanti ma continua a vedere, e parlare con, Marina. Nel vetro di uno specchio, sul bracciolo di un divano, tra le rovine romane di quella nuova e gelata realtà con poco più di trentamila abitanti. Marina compare e parla con Rocco, tentando più volte di compiere quello che soltanto un grande amore può chiedere di compiere, elaborare il proprio lutto. Tanto da affermare, in questa ultima e quarta stagione, «appena dirai la parola “ricordo” io sparirò».

Marina, o della forza di un nome

L’importanza dei nomi per una buona storia. Marina ha a che fare eminentemente con il mare, con il mondo delle acque. Come mai? Per due motivi, uno segue all’altro.

1. Da Stanislaw Lem, il mare è la figura dell’inconscio.
2. Marina è dunque una Sirena.

Questa strana figura che viene dal mare, dal rimosso di Rocco, per chiedergli di lasciarla andare. Ma Rocco non può farlo, non vive tra gli uomini ma tra i fantasmi. Caccerà D’intino per un errore di cui ammette la colpa, fino ad umiliarsi. L’adulto l’avrebbe perdonato, il bambino super-intelligente no. Le Clark, Il loden, un uomo esposto suo malgrado alle intemperie della vita. Sarebbe facile comprarsi un paio di scarpe imbottite, o trovare una nuova donna da amare. Non come Marina, meno ma più a lungo.

No, Rocco non può farlo. Si ama – e si vive – scoperti. Il prezzo da pagare, per dirla con una sua classificazione, va da 6 (la febbre) a 10. E dieci è parlare con un fantasma. Marina, o del mondo sommerso. «Buonanotte, amore mio».

Matteo Sarlo è nato a Roma nel 1989, dove vive e lavora come editor.
Nel 2018 ha pubblicato Pro und Contra. Anders e Kafka, una riflessione sulla filosofia di Günther Anders interprete di Franz Kafka.
Ha curato e cura la versione epub per MicroMega e Limes.

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