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San Valentino sì, San Valentino no
13/02/2018|L'EVENTO

San Valentino sì, San Valentino no

San Valentino sì, San Valentino no
illustrazione di Simona Bramucci
parole di Matteo Sarlo
Dalla festa dei Lupercali alle Valentine, la storia di un rituale che rimbalza dall’Europa all’America e che proprio non vogliamo accettare.

San Valentino sì, San Valentino no. Discorso di lui: No, non posso festeggiare San Valentino perché le faccio capire che sono retrò nel modo sbagliato ed è solo un altro inutile modo che hanno trovato gli americani per spillarmi i soldi. Discorso di Lei: No, non posso festeggiare San Valentino perché sono di più di una bambolina da portare a cena. Discorso di Lui: Si, devo festeggiare San Valentino perché dimostro che non cado nella retorica dell’antiretorica. Discorso di Lei: Si, festeggiamo San Valentino perché quello che conta non è la festa d’importazione (che poi Halloween non abbiamo problemi a festeggiarlo peggio del Carnevale) ma soltanto i nostri sentimenti, che raggirano l’elemento capitalista e lo rivestono della semplice occasionalità.

Già, dobbiamo proprio fare quello che ci dicono gli americani. Peccato però che la festa sia proprio tutta nostra, e romana. Si celebrava in onore di Fauno e il nome era Lupercalia: un rito pagano per la fertilità. In sostanza una sorta di capodanno anticipato, visto che il nuovo anno iniziava per i romani il 1° marzo. Lo scopo: tenere lontani i lupi dai campi coltivati. Durante la festa i sacerdoti compivano sacrifici propiziatori nella grotta in cui si credeva fossero stati allattati Romolo e Remo, mentre in città venivano sorteggiati i nomi dei ragazzi che avrebbero vissuto insieme nel corso dell’anno successivo. Tra il 200 e il 300 due cristiani di nome Valentino muoiono uccisi; un secolo dopo papa Gelasio dichiara il 14 febbraio una festa in onore dei martiri; nel 1600 in Europa si prende a inviarsi le valentine; nella prima metà del 1800 gli americani fanno quello che sanno fare meglio gli americani, creano il primo grande evento di massa dedicato a San Valentino.
Oggi negli States si spendono in media 448 milioni di dollari durante la settimana che precede il 14 febbraio. Gli uomini sui 150 dollari e le donne sui 74. Quindi una media di circa 224 dollari per coppia.

Ma anche in Italia le cose non vanno diversamente. 93 euro in media Lui e 64 euro in media Lei. Cena fuori in quel posticino carino che volevamo provare o il braccialetto di Pandora, Cravatta di Hermes o Décolleté con applicazione a forma di cuore. Peccato che poi il 46% degli uomini e il 43% delle donne, dopo tutto questo zigzagare alla ricerca dell’oggetto che meglio condensi i propri sentimenti, che meglio si riveli il precipitato di un coagulo d’intense emozioni, rimpianga di aver speso i soldi.

Ma non è tanto la spesa che frena l’entusiasmo generale su San Valentino. Già, non è tanto il risentimento dell’“appena fatto ormai è andata”. Perché se i dati parlano chiaro, è altrettanto certo che la verità è un’altra: il mood diffuso è di un cinico e illuminato anti-romanticismo. Di norma l’argomentazione base utilizzata è questa: non ha senso che mi si imponga quando devo essere felice con Lui. Ovviamente il meccanismo funziona in tutti e due i sensi: non ha senso che mi si imponga quando devo essere felice con Lei. Già, non fa una piega. Peccato che ci sia un’enorme falla: la nostra vita nella civitas è fatta di codici. In altri termini, la nostra vita nella civitas è fatta di rituali. Più prosaicamente, la nostra vita nella civitas è fatta di appuntamenti. Non ti devi dimenticare il compleanno della zia perché ci rimane male e non puoi non fare a meno di regalare un cadeau, pure se piccolo per carità, all’amica dell’amica perché sai che te l’ha fatto e allora sembra brutto. Ci insegnano che quando si entra per la prima volta in una casa non si va mai a mani vuote e che dalle 18.30 alle 20.00 c’è una cosa che si chiama Ora Felice dove ti puoi permettere di staccare da tutto e goderti uno Sprizt a base di noccioline e cazzeggio.

Facciamo finta di dimenticarci dei braccialetti di Amazon e anzi ci abboniamo al Prime, compriamo le uova di pasqua pur non avendo fatto la quaresima, ne sapendo come calcolarne l’inizio, mettiamo il carbone finto nella calza dei nostri figli perché, si sa, contenti sì ma viziati no. Tutto va bene, tranne San Valentino.

Sarà che c’è una sorta di imbarazzo nel cristallizzare quello specifico sentimento impronunciabile ad alta voce. Sarà che si è in grado di concedere agli altri il nostro lato ludico (Halloween), affettivo (compleanni/natale), trendy (Happy Hour), ma non sentimentale.
Quindi mi dispiace, anche se non festeggerete San Valentino, segno non che siete dei Candide anticapitalisti ma dei Frederic Moreau che non vogliono rischiare di sgualcire il loro sogno.


Matteo Sarlo ha scritto per diverse riviste filosofiche, di critica cinematografica, viaggi, cronaca e narrativa urbana. Ha pubblicato Passaggi sul vuoto (Galaad), un saggio sul concetto di «vuoto» in filosofia. È in pubblicazione Pro und Contra. Anders e Kafka (Asterios).

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